sabato 22 marzo 2008

4000 morti. E tremila miliardi di dollari.

I costi della guerra in Iraq (e Afghanistan) stanno diventando sempre più insopportabili. Con l'attentato di ieri i morti statunitensi sono quasi a quota 4000 (3.996 soldati morti in cinque anni di conflitto) e i costi complessivi dei conflitti voluti dall'amministrazione Bush sono destinati a diventare esorbitanti. Basta leggere l'ultimo libro di Joseph Stiglitz che non è ancora arrivato in Italia.
Nell'attesa (sul prossimo numero di Valori un ampio servizio sul volume scritto dal Premio Nobel) ecco il resoconto di Apcom

IRAQ; PREMIO NOBEL STIGLITZ:GUERRA COSTA A USA 12 MLD USD AL MESE

New York, 9 mar. (Apcom) - La guerra in Iraq costerà nei prossimi anni agli Stati Uniti 12 miliardi di dollari al mese, il triplo rispetto a quando il conflitto è iniziato nel 2003. E' quanto si legge nel libro dell'economista premio Nobel Joseph Stiglitz, "The three trillion dollar war", la guerra dei 3.000 miliardi di dollari,in edicola da questo fine settimana. Considerando uno scenario "realistico e moderato" e lavorando "sulle ipotesi migliori", l'economista, ex vicepresidente della Banca Mondiale, e la coautrice Linda Bilmes stimano che le guerre in Iraq e Afghanistan, comprendendo anche l'occupazione di lungo periodo dei due paesi, costeranno agli Stati Uniti tra i 1.700 e i 2.700 miliardi di dollari entro il 2017. Solo gli interessi sui prestiti chiesti per coprire i costi potrebbero alzare la cifra di 816 miliardi. A fine febbraio, alcune anticipazioni sul libro avevano messo in luce che il conflitto è costato fino ad ora 50 volte di più dei 60 miliardi di dollari inizialmente previsti dall'amministrazione del presidente George W. Bush e che le stime della Casa Bianca sul costo totale della guerra, circa 500 miliardi di dollari, sono inesatte poichè non includono fattori importanti come i costi a lungo termine per la cura dei soldati di ritorno dal fronte. "La mia stima di 3.000 miliardi di dollari è cauta, la cifra reale potrebbe essere ancora maggiore" ha sottolineato il premio Nobel, secondo il quale i costi enormi della guerra sarebbero stati la causa nascosta dell'attuale crisi del credito.

La Fed taglia. Ma i Treasuries Bond salgono

La segnalazione la troviamo, come sempre, nell'ottimo (super specializzato blog http://interfluidity.com): la strategia della Fed non funziona! O almeno non ha gli effetti auspicati sul mercato. Nel gennaio 2005 i Federal Funds erano fissati al 2,25%, come oggi, e i titoli emessi dal Tesoro Usa (i Treasuries Bond) venivano collocati sul mercato al 2,21%. In pratica nessun rischio, anzi la solidità del sistema era tale da penalizzare i titoli pubblici rispetto ai valori ufficiali. Oggi siamo all'opposto: i Federal Funds sono al 2,25% ma le obbligazioni a tre mesi pagano un premio dello 0,34%. Segnali non piacevoli per il mercato azionario.

Grande distribuzione in crisi

L'avevamo scritto su Valori nel numero dello scorso dicembre (www.valori.it). Ora arrivano le conferme dalla ricerca effettuata dalla Bocconi: le vendite nella Gdo sono in flessione e per il 2008 le previsioni non sono per nulla rosee. I consumi delle famiglie in generale sono in calo dello 0,3%, ma soprattutto le vendite al netto dell'effetto traino delle aperture di nuovi negozi risultano in calo dell'1,1% secondo l'indagine condotta dal Cremes, e in quest'ultimo caso si tratterebbe del secondo anno consecutivo di flessione, dopo il -0,9% rilevato lo scorso anno. A questi dati si aggiungono le stime, decisamente negative, sulla produttività delle nuove aperture: dal 2004 a oggi gli Ipermercati hanno perso il 15% e i supermercati il 5%.

Sta per scoppiare l'inchiesta sui derivati

Sui derivati è l'ora delle inchieste


Fabio Tamburini non ha dubbi. Anche per i derivati è arrivata l'ora delle inchieste giudiziarie che si preannunciano pesanti come quelle di Tangentopoli.

Una vicenda che può costare il posto a Alessandro Profumo. L'attuale amministratore delegato di Unicredit-Capitalia ha enormi responsabilità nella diffusione di prodotti al limite della truffa e non potrà certo cavarsela addossando le responsabilità ai suoi dipendenti come ha cercato di fare recentemente

Ecco il pensiero del direttore di Radiocor pubblicato sul Sole di sabato 22 marzo.
Il pensiero di Francesco Greco, nominato sostituto procuratore aggiunto del Tribunale di Milano mercoledì scorso, è ben conosciuto. In passato i riflettori erano accesi sui falsi in bilancio e sulla corruzione. Ora, secondo lui, si è aperta la stagione dei derivati che potrà avere sviluppi pari perfino a quelli di Tangentopoli. Di sicuro, ormai da qualche mese, sull'argomento è al lavoro un certo numero di ma-gistrati. E non soltanto di Milano. Un network che procede senza forzature ma con uno scambio d'informazioni continuo sui risultati raggiunti e che, a questo punto, ha fatto proprie le convinzioni di Greco, capofila delle inchieste sui reati finanziari.
Anche per questo, soprattutto nel mondo bancario, le preoccupazioni risultano sempre più diffuse. Un primo filone è certamente quello aperto su Banca Italease che, come si era capito fin dai primi risultati delle indagini, si sta rivelando un vero vaso di Pandora.Tanto che l'amministratore delegato Massimo Faenza, arrestato nel gennaio scorso, resta in carcere insieme a due ex collaboratori. Faenza ha costruito sui derivati il successo clamoroso di Italease, la cui ascesa in Borsa è sembrata per lungo tempo inarrestabile. Non solo. Ora, come anticipato dall'agenzia di stampa Radiocor martedì 18 marzo, le verifiche dei sostituti procuratori impegnati nell'inchiesta si sono estese ai contratti di leasing. Con la possibilità che, prima o poi, altri prodotti finanziari finiscano nel mirino.
Faenza era tutt'altro che un corpo estraneo al mondo bancario. Anzi, le sue frequentazioni sono sempre state al massimo livello. Così come sono blasonate le grandi banche coinvolte sul fronte dei derivati che, per lungo tempo,hanno rappresentato l'occasione per migliorare il conto economico e, in alcuni casi, raggiungere risultati davvero brillanti. Quale sarà l'impatto delle indagini in pieno svolgimento? Le previsioni di Greco, peraltro piuttosto esplicite, troveranno conferma? E in quali tempi?
In proposito dal mondo delle banche arrivano grandi rassicurazioni, ma anche segnali di grande tensione. La prima distinzione fatta è a proposito di Italease. L'accusa, viene detto, non riguarda in sé lo strumento dei derivati, bensì la gestione parallela e occulta che era stata creata a fini di arricchimento personale.
«I derivati non vanno demonizzati perché in sé non sono né buoni né cattivi,dipende dall'uso che se ne fa», commenta Giovanni Accinni, avvocato milanese esperto in diritto societario. E aggiunge: «Il rischio è che la montagna dei sospetti finisca per partorire il topolino. Ma che, nel frattempo, sia stato creato un danno irreparabile al rapporto fiduciario tra banche e clienti, che va ripristinato e non compromesso definitivamente ».
Le inchieste sui derivati, anche se stanno man mano prendendo consistenza, sono in una fase nascente. A partire, per esempio, dalla definizione della fattispecie di reato. Altri processi, del resto, sono cominciati così. All'epoca di Cirio e Parmalat le prime contestazioni furono per truffa e associazione a delinquere. Poi scattò il fallimento, con relativo reato di bancarotta. Idem per le scalate bancarie del 2005, partite verificando i reati d'insider trading e appropriazione indebita, finendo per arrivare all'aggiotaggio. Per quanto riguarda i derivati occorre definiree affinare l'ipotesi di reato, considerando che l'accusa di truffa è difficile da dimostrare, è punita poco severamente e si prescrive in tempi brevi. Più dirompente, dal punto di vista dell'accusa, è l'aggiotaggio informativo, punito con pene fino a 12 anni.